AdR 105 “Si Alza il Vento”, film controverso.
hola a tutti. oggi una recensione anteprima del film d’animazione “Kaze Tachinu” dello studio Ghibli (2013), diretto dall’ora pensionato Hayao Miyazaki. premetto che ho visto una versione sottotitolata e che i sottotitoli erano una ciofeca assurda (ma gratia dei capisco il giappo). spero che la distribuzione italiana s’impegni perchè il doppiaggio di qst opera nn è cosa facile.
infatti partiamo da qst punto: nn è un film facile. in breve è una biografia romanzata di Jiro Horikoshi, il padre dello Zero (l’aereo per intenderci). nn è una storia cn una trama particolarmente vivace, nn ci sn emozioni a palla e colpi di scena. siamo molto lontani da “la città incantata” o “il castello di howl”, molto molto lontani. ci avviciniamo più a “la collina dei papaveri” una specie di ritratto di un certo periodo della storia giapponese. dnq chi volesse vedere un film pieno di fantasia e creatività deve rivolgersi altrove (nn che nn ci siano).
qst penso sia un punto a sfavore di una distribuzione di qst film al di fuori del giappone; a meno che nn interessino la storia del giappone, i costumi del giappone e la biografia (romanzata preciso di nuovo) del papà dello zero… nn troverete grande soddisfazione. per qst penso e scrivo che il film nn sia facile.
la trama consta dei tentativi per costruire l’aereo perfetto e la storia d’amore, molto delicata e triste, tra Jiro e Naoko. null’altro. dietro scorrono dettagli di un giappone scomparso, scene quotidiane di un’epoca nostalgica e lontana, quadri di un passato nn del tutto remoto.
e qui forse sta il bello del film: il dietro. se amate la storia giapponese qst film sarà un bel film, pieno di fascino e particolari che fanno piangere di malinconia, si vede che miyazaki ha amato e ama ancora quel giappone che nn c’è più; si capisce che invecchiando quei ricordi si fano più pressanti, o almeno così lo interpreto.
ma se tutto qst nn interessa? che cosa resta?
resta un modo poetico di raccontare una biografia, resta quell’inventiva visionaria tipica dei film dello studio Ghibi (soprattutto nelle scene dei sogni tra Jiro e Caproni, ebbene sì, c’è un italiano nella trama), resta quel modo molto umano, ma semplice di raccontare una storia, che caratterizza il linguaggio di miyazaki. il film va visto, ma credo che a molti nn dirà nulla o poco, un peccato.
forse è un film fatto da giapponesi per giapponesi e se nn conosci la cultura del luogo e nn conosci il cuore dei giapponesi si perde molto del suo significato. ad esempio ho letto una recensione di una americana che criticava il personaggio femminile di Naoko (in generale di tutte le donne del film ) sostenendo che erano molto passive rispetto agli altri titoli di miyazaki…ma solo un’ignorante poteva fare una simile critica. il ruolo della donna giapponese è cambiato molto solo dopo la seconda guerra mondiale e impiegando molto tempo per affermarsi. è ovvio che nel film una moglie, una sorella, una madre si comportino cn quella che per un occidentale sembra una eccessiva sottomissione (a dire il vero anche da noi le cose nn erano diverse, ma si sa gli ignoranti dimenticano molto presto). il ruolo di un marito che si sacrifica solo per il lavoro è difficile da capire appieno al di fuori dei confini giapponesi.
un piccolo esempio per dire qnt qst film nn sia di facile lettura e se vogliamo possiamo definirlo un po’ settoriale. però per altri versi merita una visione, forse più ponderata e nn cavalcando l’onda de “lo studio ghibli fa capolavori dell’immaginazione!”. è un’opera sottotono di certo, ma cn una sensibilità molto delicata.
se andrete a vederlo tenete a mente qst consiglio: guardatelo cn gli occhi di un film d’essai, cn tanta cultura e
tanta storia; altrimenti evitate di vederlo, nn vi piacerà nemmeno un po’.
c’è anche da dire che imparerete molto della mentalità giapponese, della loro cortesia e dell’uso di un modo di parlare molto educato (per qst rilevavo la grandissima difficoltà nel doppiare un’opera così), delle piccole azioni che fanno del giappone un paese davvero unico.
sentimentalismi a parte, davvero, andate a vederlo solo se amate anche la componente storico culturale.
Roba detta